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Le
religioni eterne e le religioni temporanee dell'entità vivente
All'interno di questo universo, il sistema planetario mediano, la cui
forma
ricorda il fiore di loto, è conosciuto come Bhu-mandala. All'interno di
Bhu-mandala ci sono sette isole che si estendono in cerchi concentrici,
come la corolla del fiore di loto. Al centro della corolla c'è l'isola
di
Jambudvipa che, tra tutti i luoghi di Bhu-mandala, è quello supremo. A
Jambudvipa la terra di Bharata-varsa è preminente. All'interno di
Bharata-varsa la regione più importante è Gauda-bhumi. A Gauda-bhumi il
complesso di nove isole chiamato Sri Navadvipa-mandala si distingue. E
all'interno di Sri Navadvipa-mandala vi è un meraviglioso villaggio
chiamato Sri Godruma, per l'eternità situata sulla riva orientale del
fiume
Bhagirathi.
In tempi antichi molti che praticavano costantemente il bhajana vivevano
all'interno dei boschetti di Sri Godruma. Fu qui che Sri Surabhi, una
mucca
dalle origini divine, adorò il Signore Supremo, Sri Gauracandra all'interno
della sua dimora, ombreggiata da graziose piante rampicanti. Adiacente
a
questa dimora c'era Pradyumna-kunja, dove un personale servitore di Sri
Gauracandra, di nome Pradyumna Brahmacari, in tempi più recenti praticò
il
bhajana. Un discepolo siksa di Pradyumna Brahmacari, Sri Premadasa
Paramahamsa Babaji, viveva ora in quel posto dentro una capanna coperta
da
viti e fitto fogliame, trascorrendo il suo tempo costantemente immerso
nella divina estasi del bhajana.
Sebbene Sri Premadasa Babaji fosse un raffinato studioso, con un'esperienza
assoluta di tutte le conclusioni delle scritture, prese rifugio nella
foresta di Sri Godruma, consapevole di trovarsi in un luogo essenzialmente
non differente da Sri Nandagrama. Come pratica giornaliera, Babaji
Maharaja cantava il Santo Nome duecento mila volte e centinaia di volte
rendeva omaggio a tutti i Vaisnava. Egli si manteneva in vita elemosinando
nelle case dei pastori. Ogni volta che aveva un momento libero, non lo
spendeva in chiacchiere mondane ma nella lettura del libro Sri
Prema-vivarta, 'Le diverse manifestazioni dell'Amore Divino,' composto
da
Sri Jagadananda, un compagno intimo di Sri Gaurasundara.
A volte i devoti più vicini si riunivano ed ascoltavano con assorta
devozione e con occhi pieni di lacrime le letture di Babaji. Perchè non
avrebbero dovuto? Questo divino trattato contiene tutte le conclusioni
sul
rasa; è l'essenza liquida di condensate e integre emozioni trascendentali.
In più i devoti venivano sommersi dalle onde della dolcezza di Babaji,
dalla sua voce risonante che, come una doccia di nettare, estingueva
l'ardente veleno della sensualità dei loro cuori.
Un pomeriggio, dopo aver completato il canto del Santo Nome, Babaji
Mahasaya sedette sotto il pergolato all'ombra del gelsomino e del madhavi
e
si immerse in un oceano di emozioni spirituali leggendo il Sri
Prema-vivarta. Proprio in quel momento un mendicante, che apparteneva
all'ordine di rinuncia, gli si avvicinò cadendo ai suoi piedi e rimase
ivi
prostrato a lungo per rendergli omaggio. All'inizio Babaji Mahasaya rimase
assorto nella felicità dell'estasi trascendentale, ma presto tornò alla
sua
coscienza esterna e guardò il sannyasi mahatma prostrato davanti a lui.
Considerandosi più indegno ed insignificante di un filo d'erba, Babaji
cadde davanti al sannyasi ed iniziò a piangere esclamando: "O Caitanya!
O
Nityananda! Vi prego, siate misericordiosi con questo spregevole
peccatore." Poi, rivolgendosi al sannyasi Thakura gli disse: "Maestro,
io
sono estremamente misero e vile. Perchè mi deridi così?"
Mettendo sulla propria testa la polvere dei piedi di Babaji Mahasaya il
sannyasi si sedette davanti a lui. Babaji Mahasaya gli offrì prontamente
un
seggio fatto con la corteccia del platano e, sedutosi accanto a lui, gli
disse con voce tremante d'amore: "Che servizio può offrirti questa indegna
persona?"
Il sannyasi mise da parte il suo contenitore delle elemosine e, a mani
giunte, supplicante, iniziò a parlare: "Maestro, io sono l'essere più
sfortunato. A Kasi e in altri luoghi santi ho passato il mio tempo
dibattendo analiticamente sulle conclusioni delle scritture ed ho studiato
a fondo le Upanisad e gli altri sastra Vedanta così come i sei maggiori
sistemi filosofici: sankhya, patanjala, nyaya, vaisesika, purva-mimamsa
e
uttara-mimamsa. Dodici anni fa ho accettato l'ordine di rinuncia da Sri
Saccidananda Sarasvati. Dopo aver ricevuto il bastone che rappresenta
l'ordine di rinuncia, ho visitato tutti i luoghi sacri, sempre in compagnia
di quei sannyasi provenienti da ogni luogo dell'India, che aderiscono
alla
dottrina di Sri Sankara.
Dopo aver superato i primi tre stadi dell'ordine di rinuncia, conosciuti
come kuticaka, bahudaka e hamsa, ho ottenuto lo stadio più alto, quello
di
paramahamsa. A Varanasi ho preso il voto del silenzio ed ho aderito a
quelle ingiunzioni contenute nelle Upanisad definite da Sri Sankaracarya
come le principali tra gli assiomi dei Veda: 'aham brahmasmi (io sono
Brahman), prajnanam brahma (la coscienza è il Brahman),' e 'tat tvam asi'
(tu sei Brahman). Tuttavia non sono stato in grado di raggiungere quella
felicità e quella soddisfazione spirituale che stavo cercando.
"Un giorno un sadhu (uomo santo) Vaisnava che cantava ad alta voce i Santi
Nomi ed i passatempi di Sri Hari ha incrociato la mia strada. Ho aperto
gli occhi e l'ho visto bagnato da un torrente di lacrime e con i peli
del
corpo ritti, tanto era rapito dall'estasi. Con voce rotta dall'emozione
estatica cantava i Santi Nomi: 'Sri Krishna Caitanya, Prabhu Nityananda!'
Mentre danzava i suoi piedi scivolavano e spesso cadeva per terra.
Vedendolo e ascoltando il suo canto, nacque nel mio cuore un sentimento
estatico così straordinario che non sono in grado di descrivertelo.
Sebbene fossi invaso da quella esperienza mistica, non ho potuto conversare
con lui, legato com'ero dalle restrizioni legate al mio stato di
paramahamsa. Sia maledetto il mio rango e il mio status! Sia maledetto
il
mio destino! Non so perchè, ma da quel giorno il mio cuore è rimasto
attratto dai piedi di loto di Sri Krishna Caitanya.
"Poco tempo dopo fui tormentato dal desiderio di ritrovare quel sadhu
Vaisnava ma, nonostante le mie continue ricerche, non lo trovai da nessuna
parte. Mi resi conto che non avevo mai sperimentato prima d'allora
l'incontaminata felicità che avevo sentito vedendolo e ascoltando il Santo
Nome emanare dalla sua bocca. Non avevo mai saputo che si potesse
sperimentare una tale felicità nel corso di un'esistenza umana. Dopo
elaborate considerazioni, arrivai alla conclusione che il più alto
beneficio sarebbe stato per me quello di rifugiarmi ai piedi di loto dei
Vaisnava.
"Lasciai Kasi e mi recai nella bellissima terra santa di Vrindavana. Là
vidi molti Vaisnava che pronunciavano i nomi di Sri Rupa, Sanatana e Jiva
Gosvami con un sentimento che si esprimeva melodiosamente. Assorti in
meditazione sui passatempi di Sri Radha-Krishna ed immersi nel divino
amore, essi pronunciavano il nome di Sri Navadvipa e si rotolavano per
terra. Vedendo e ascoltando tutto ciò, nacque in me il desiderio di
recarmi al santo dhama di Navadvipa. Dopo aver fatto il periplo delle
ottantaquattro miglia quadrate di Sri Vraja-dhama partii e sono arrivato
a
Sri Mayapura appena da pochi giorni. Nella città di Mayapura ho sentito
parlare delle tue molte glorie e sono giunto qui oggi per rifugiarmi ai
tuoi piedi di loto. Ti prego, fà di questo tuo servitore l'oggetto della
tua misericordia e soddisfa così l'aspirazione della mia vita."
Paramahamsa Babaji Mahasaya si mise un filo d'erba tra i denti e piangendo
disse: "O Sannyasi Thakura, io sono completamente indegno. La mia vita
è
stata sprecata nel riempirmi lo stomaco, nel dormire ed in futili discorsi.
Lo ammetto, ho deciso di abitare in questo luogo sacro dove Sri Krishna
Caitanya ha manifestato i Suoi passatempi, ma nonostante il passare dei
giorni, non sono in grado di gustare ciò che è conosciuto con il nome
di
krsna-prema (amore per Krishna). Tu sei molto fortunato perchè, almeno
per
un istante, hai potuto gustare quel divino amore vedendo un Vaisnava.
Sei
un recipiente della misericordia di Krishna Caitanyadeva. Se, quando
proverai ancora quel sentimento d'amore, sarai così gentile da ricordare
anche solo per un momento questo peccatore caduto, allora anch'io potrò
raggiungere il successo."
Così parlando Babaji abbracciò il sannyasi e lo bagnò con le sue lacrime.
Poichè stava toccando il corpo di un Vaisnava, Sannyasi Maharaja sentì
nel
suo cuore una felicità prima sconosciuta. Si mise a danzare e, danzando,
si mise anche a cantare:
jaya sri krsna-caitanya sri prabhu nitysnanda
jaya premadssa guru jaya bhajana snanda
'Tutte le glorie a Sri Krishna Caitanya e a Prabhu Nityananda. Tutte le
glorie al mio divino maestro Premadasa e all'estasi del bhajana.'
Dopo aver cantato e fatto il kirtana per qualche tempo, Premadasa Babaji
e
Sannyasi Thakura si calmarono e parlarono a lungo fra loro. Babaji disse
alla fine con grande umiltà: "Mahatma, ti prego, rimani qui a
Pradyumna-kunja per alcuni giorni, solo per purificarmi."
Il sannyasi rispose: "Ho già offerto il mio corpo ai tuoi piedi di loto.
Perchè stai parlando di pochi giorni? La mia ardente preghiera è di
poterti servire fino al momento in cui abbandonerò questo corpo."
Sannyasi Thakura era uno studioso erudito in tutte le scritture. Egli
sapeva molto bene che accettare la guida di un precettore spirituale
(guru), comporta il seguirne attentamente le istruzioni. Perciò prese
ad
abitare in quel boschetto con sua grande delizia.
Trascorsi alcuni giorni Paramahamsa Babaji disse all'elevato sannyasi:
"Mahatma, Sri Pradyumna Brahmacari mi ha misericordiosamente concesso
di
rifugiarmi ai suoi piedi di loto. Attualmente lui abita nel villaggio
di
Sri Devapalli, alla periferia di Sri Navadvipa-mandala, dove vive assorto
nell'adorazione di Sri Nrisimhadeva. Oggi, dopo aver chiesto l'elemosina,
andremo là per avere il darsana dei suoi piedi di loto."
Sannyasi Thakura rispose: "Farò qualsiasi cosa tu mi chieda."
Dopo le due del pomeriggio attraversarono il fiume Alakananda e
proseguirono fino ad arrivare a Sri Devapalli. Attraversarono poi il fiume
Suryatîla finchè ebbero il darsana dei piedi di loto di Sri Pradyumna
Brahmacari che si trovava nel tempio di Sri Nrisimhadeva. Paramahamsa
Babaji cadde a terra e, pur da lontano, offrì prostrati omaggi al suo
guru.
Colmo di affetto per il suo discepolo, Pradyumna Brahmacari uscì dal
tempio, rialzò Paramahamsa Babaji con entrambe le mani e lo abbracciò
con
grande amore, dopodichè si informò del suo stato di salute. Dopo aver
parlato per un pò di argomenti riguardanti il bhajana, Paramahamsa Babaji
presentò Sannyasi Thakura al suo guru.
Brahmacari Thakura disse con grande rispetto: "Mio caro fratello, hai
ottenuto il guru più qualificato. Devi studiare il libro Prema-vivarta
sotto la guida di Premadasa."
kiba vipra, kiba nyasi, sudra kene naya
jei krsna-tattva-vetta, sei guru' haya
(Caitanya Caritamrita, Madhya 8.128)
'Colui che è completamente esperto in tutte le verità riguardanti la
conoscenza trascendentale di Sri Krishna può diventare un guru, sia egli
un
brahmana, un sannyasi o un sudra.'
Sannyasi Thakura umilmente offrì omaggi ai piedi di loto del maestro
spirituale del suo maestro e disse: "Prabhu, tu sei un compagno intimo
di
Sri Caitanyadeva. Con il tuo sguardo misericordioso puoi purificare
centinaia di sannyasi arroganti come me. Ti prego, sii misericordioso
con
me."
Sannyasi Thakura non aveva avuto precedenti esperienze su come comportarsi
con i devoti. Osservando come si comportavano il suo guru e il
parama-guru, comprese quale doveva essere il comportamento devozionale
appropriato e da quel giorno in poi si comportò di conseguenza con il
suo
guru, senza nessuna falsità. Dopo aver partecipato all'arati serale per
la
Divinità, i due tornarono a Sri Godruma.
Dopo aver trascorso alcuni giorni nel kunja (boschetto), a Sannyasi Thakura
venne l'ansia di interrogare Paramahamsa Babaji sulle verità spirituali.
Il sannyasi aveva già adottato tutti i modi dei Vaisnava ad eccezione
degli
abiti. Dalla sua precedente esperienza, Sannyasi Thakura aveva sviluppato
qualità come il pieno controllo della mente e dei sensi, ed era fermamente
convinto della concezione non duale ed onnipervadente dell'Assoluto o
brahma-nistha. In più, aveva ora acquisito una fede assoluta nei
trascendentali passatempi del Supremo Signore, Parabrahma, ed era diventato
anche molto umile.
Una mattina, dopo le abluzioni col sorgere del sole, Paramahamsa Babaji
si
sedette sotto il pergolato di madhavi a cantare l'Harinama col suo
tulasi-mala. In quel momento i nisanta-lila di Sri Radha-Krishna Yugala
(i
passatempi dell'alba), gradualmente si manifestarono nel suo cuore. Poichè
questo è il momento in cui Sri Sri Radha-Krsna si separano, lasciano il
kunja e tornano alle rispettive dimore, Paramahamsa Babaji sentiva grande
dolore per la separazione e lacrime d'amore scendevano ininterrottamente
dai suoi occhi. Mentre era assorto in meditazione su questo divino
passatempo, era anche interiormente impegnato, nella sua forma spirituale
perfetta, nel servizio appropriato per quel momento della giornata, ed
aveva perciò perso coscienza del suo corpo fisico. Accattivato dallo stato
di Babaji, Sannyasi Thakura si sedette al suo fianco e osservò i suoi
sattvika-bhava, i trascendentali sistomi dell'estasi.
Improvvisamente Paramahamsa Babaji gli disse: "Sakhi, fà subito tacere
quella scimmia Kakkati, altrimenti sveglierà Radha-Govinda dal Loro
piacevole sonno; Lalita-sakhi ne sarà molto turbata e mi rimprovererà.
Guarda là! Anche Ananga Manjari ti dice di farlo. Tu sei Ramana Manjari
e
questo è il servizio a te affidato; svolgilo con attenzione!"
Dopo aver parlato così, Paramahamsa Babaji perse coscienza e cadde. Da
quel momento Sannyasi Maharaja, venuto a conoscenza della sua identità
spirituale e del suo servizio, vi si dedicò interiormente. Così il giorno
nacque e la luce dell'aurora, diffondendosi, illuminò l'oriente. Gli
uccelli presero a cinguettare melodiosamente da ogni parte e si levò una
brezza gentile. La bellezza del cespuglio di madhavi di Pradyumna-kunja,
illuminato dai raggi rossastri del sole nascente, era indescrivibile.
Paramahamsa Babaji stava seduto sopra un cuscino di cortecce di banani.
Mentre recuperava la coscienza esterna, iniziò a cantare il Santo Nome
col
suo japa. In quel momento Sannyasi Thakura si prostrò in omaggio ai piedi
del Babaji, si sedette vicino a lui e, a mani giunte, con grande umiltà
prese a dire: "Maestro, questa anima caduta vorrebbe farti una domanda.
Ti
prego di rispondermi e di rappacificare la mia inquietudine. Che tu possa
compiacerti nell'infondere il vraja-rasa nel mio cuore arso dal fuoco
della
brahma-jnana (conoscenza rivolta all'impersonale Assoluto, privo di forma,
qualità e attività)."
Babaji rispose: "Tu sei la persona giusta. Qualsiasi domanda mi
sottoporrai, io ti risponderò al meglio delle mie possibilità"
Sannyasi Thakura allora chiese: "Per molto tempo ho sentito parlare della
preminenza della religione. Ho domandato a molte persone: 'Cos'è la
religione?', ma sfortunatamente le risposte che ho ricevuto contrastano
l'una con l'altra. Dimmi, ti prego, qual è la religione o la vera natura
costitutiva (dharma) delle entità viventi? Perchè i vari insegnanti danno
diverse versioni del significato di religione? Se la religione è una,
perchè tutti gli eruditi che insegnano non coltivano quell'unica religione
universale?"
Paramahamsa Babaji si concentrò sui piedi di loto del Supremo Signore
Sri
Krishna Caitanya e rispose: "Persona fortunata, ti dirò quali sono i
principi della religione, per quel che la mia conoscenza mi concede.
L'eterna natura di un vastu o di un oggetto veramente duraturo, è il suo
dharma eterno. La natura nasce dalla struttura elementare di un oggetto
(ghatana). Per volontà di Krishna, quando un oggetto viene creato,
all'interno della sua struttura viene dotato di una particolare natura
che
è il suo eterno fattore congenito. Questa natura è il dharma eterno di
quell'oggetto.
"Quando, per forza di cose o per il contatto con un altro oggetto,
all'interno di quell'oggetto avviene un cambiamento, la sua natura si
distorce o si altera. Col passare del tempo questa natura distorta si
consolida e sembra diventare permanente, come se fosse la natura eterna
di
quell'oggetto. Ma questa natura distorta non è la vera natura (svabhava);
essa viene definita nisarga, la natura che si acquisisce attraverso un
contatto assiduo e protratto a lungo nel tempo. Occupando il posto della
natura reale, questa nisarga finisce per venir identificata come vera
natura o svabhava.
"Per esempio: l'acqua è un oggetto e la liquidità è la sua svabhava.
Quando, in determinate circostanze, l'acqua si solidifica diventando
ghiaccio, la natura solida acquisita agisce al posto della sua vera natura
costitutiva, ma in realtà questa natura acquisita non è eterna, è
occasionale o temporanea. Essa nasce a causa del gelo ma, quando vien
meno
la causa, la natura occasionale svanisce automaticamente. La svabhava
è
invece eterna; anche se può distorcersi, essa rimane inseparabilmente
connessa con il suo oggetto. Col tempo e le circostanze appropriate, la
vera natura viene automaticamente ristabilita.
"La vera natura di un oggetto è il suo nitya-dharma, la funzione eterna;
mentre la natura acquisita è il suo naimittika-dharma, la funzione
occasionale. Coloro che hanno vastu-jnana, vera conoscenza degli oggetti,
possono determinare qual è la differenza tra dharma eterno e dharma
occasionale. Coloro che non hanno questa conoscenza considerano la natura
acquisita come vera natura e di conseguenza considerano il dharma
temporaneo come eterno."
Sannyasi Thakura chiese: "Quali sono i significati delle parole vastu
e
svabhava?"
Paramahamsa Babaji disse: "La parola vastu deriva dalla radice verbale
'vas' che significa esistere, dimorare o permanere in qualsiasi
circostanza. A questa viene aggiunto il suffisso 'tu' che, deverbalizzando
la radice, forma un sostantivo. Quindi, ciò che esiste ed è chiaramente
definito di per sè, viene chiamato vastu. Da vastu derivano: vastava,
per
indicare una sostanza eternamente esistente e permanente; e avastava,
ad
indicare ciò che è temporaneo, che non esiste permanentemente ma è solo
il
prodotto di una circostanza. Vastava vastu, la sostanza che ha
un'esistenza reale, è quella che ha origine nella trascendenza. Avastava
vastu, gli oggetti temporanei, sono quei fenomeni materiali che possono
essere classificati come: dravya (oggetti palpabili), guna (qualità
intrinseche), e così via. E' reale ciò che esiste eternamente; è irreale
ciò che ha solo una parvenza di esistenza, perchè temporaneo.
"Nello Srimad-Bhagavatam (1.1.2) sta scritto:
vedyam vastavam atra vastu sivadam
'Solamente una sostanza permanente, che è in relazione alla Suprema Verità
Assoluta e che genera suprema auspiciosità, è meritevole di essere
conosciuta.'
"Da questa affermazione si capisce con chiarezza che solamente la sostanza
reale è trascendentale. Il Supremo Signore Bhagavan è la sola vastava
vastu, entità reale. La jiva o entità vivente, è una distinta ed
individuale particella di quella entità. Maya, l'energia che produce
illusione, è la potenza di quella entità. Perciò la parola vastu si
riferisce a tre fondamentali principi: Bhagavan, la jiva e maya. La
conoscenza della reciproca relazione tra questi tre principi è conosciuta
come suddha-jnana, conoscenza pura. Ci sono innumerevoli manifestazioni
di
questi tre principi nell'ambito delle avastava vastu, sostanze temporanee
ed irreali. La classificazione del fenomeno in varie categorie come dravya
(oggetti) e guna (qualità), che viene insegnata nella scuola filosofica
Vaisesika, è una semplice esposizione della natura degli avastava vastu,
oggetti temporanei.
"Le visesa-guna, o caratteristiche specifiche di una qualsiasi sostanza
esistente e reale, costituiscono la sua effettiva natura. La jiva è
un'entità reale e la sua peculiare qualità di essere eterna è la sua vera
natura."
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